CIVICUS discute i risultati di un recente referendum italiano sulla cittadinanza e i diritti dei lavoratori con Andrea Oleandri, co-direttore esecutivo della Coalizione Italiana per la Libertà e i Diritti Civili (CILD), una rete della società civile che promuove e tutela le libertà civili.

A giugno, i cittadini italiani, sia in Italia sia all’estero, sono stati chiamati a votare su cinque referendum per abrogare leggi in materia di cittadinanza e lavoro. Le modifiche proposte includevano l’abrogazione di parti del Jobs Act, un insieme di leggi sul lavoro introdotte tra il 2014 e il 2015 con l’obiettivo di rafforzare la tutela dei lavoratori, nonché la riduzione da 10 a 5 anni del periodo di residenza legale richiesto ai cittadini extra UE per richiedere la cittadinanza italiana. Nonostante l’attiva promozione da parte della società civile, il referendum non ha raggiunto la soglia di affluenza richiesta.

Come funzionano i referendum abrogativi in Italia?

I referendum abrogativi sono regolati dall’articolo 75 della Costituzione. Per proporre l’abrogazione totale o parziale di una legge, è necessario raccogliere almeno 500.000 firme di elettori o il sostegno di cinque Consigli regionali. La Corte Costituzionale valuta poi l’ammissibilità del quesito. Perché il referendum sia vincolante, deve partecipare più del 50% degli aventi diritto al voto. Se questa soglia non viene raggiunta, il referendum non ha effetto. Alcune leggi, come quelle su tasse, bilancio, amnistie, indulti, trattati internazionali e disposizioni costituzionali, sono escluse da questo strumento.

Data la persistente bassa affluenza, sono state proposte alcune riforme, come l’abolizione del quorum o l’adozione di un quorum pari alla partecipazione alle ultime elezioni politiche. Tuttavia, queste proposte non hanno trovato fino ad ora spazio nel dibattito politico.

Come si sono mobilitati società civile e partiti politici?

Dei cinque referendum, quattro riguardavano il mercato del lavoro e sono stati principalmente promossi dalla CGIL, il più grande sindacato italiano. Il referendum sulla cittadinanza è stato sostenuto da diversi gruppi, tra cui il partito liberale +Europa, associazioni di persone senza cittadinanza e apolidi e altre organizzazioni della società civile. Sono stati fatti sforzi per coinvolgere un ampio spettro della società.

I partiti di centro-sinistra hanno generalmente appoggiato i referendum, anche se con alcune differenze interne. Il governo di centro-destra, invece, ha promosso l’astensione fin dall’inizio per “disarmare” i referendum. In modo particolare, il Presidente del Senato ha pubblicamente sostenuto l’astensione, una posizione che contravviene all’imparzialità richiesta dal suo ruolo istituzionale.

Quali sono stati i principali argomenti a favore e contro?

I sostenitori dei referendum sul lavoro hanno affermato che l’abrogazione di alcune norme avrebbe ripristinato le tutele dei lavoratori e ridotto la precarietà, promuovendo contratti più stabili. Una proposta mirava a proteggere i lavoratori dai licenziamenti arbitrari e a garantire che tutte le parti coinvolte, inclusi i subappaltatori, fossero responsabili in caso di infortuni sul lavoro.

Gli oppositori hanno sostenuto che abrogare le norme attuali avrebbe scoraggiato le assunzioni, ridotto la flessibilità del mercato del lavoro e limitato la possibilità per le imprese di utilizzare subappaltatori, con possibili effetti negativi sulla competitività.

Per quanto riguarda la cittadinanza, i favorevoli ritenevano che ridurre il periodo di residenza avrebbe facilitato l’integrazione degli stranieri residenti stabilmente in Italia. I contrari, invece, sostenevano che un periodo più breve non garantirebbe una reale integrazione.

Come interpreta l’esito del referendum?

Purtroppo, il quorum non è stato raggiunto: l’affluenza si è fermata poco sopra il 30%, quindi lo status quo resta invariato. Nella maggioranza di governo e nelle altre forze che avevano invitato all’astensione questo risultato viene interpretato come una volontà di mantenere le politiche attuali, viceversa i promotori ricordano come le persone che sono andate a votare sono più di quelle che avevano votato a favore dei partiti attualmente al governo, scelto da meno del 30% degli aventi diritto. La realtà è che la bassa partecipazione alle tornate elettorali sta diventando un problema strutturale in Italia, presente non solo ai referendum, ma anche nelle elezioni principali.

Se avesse prevalso il SÌ, sarebbe stato un segnale di sostegno a tutele più forti per i lavoratori e a un sistema di cittadinanza più inclusivo, con possibile spinta verso riforme sociali e maggiore inclusione dei residenti stranieri di lungo periodo. Al contrario, una vittoria del NO avrebbe confermato le priorità attuali: flessibilità per le imprese, incentivi per assunzioni temporanee e un approccio prudente alle politiche migratorie.

Cosa rivela la scarsa partecipazione sullo stato della democrazia in Italia?

Sebbene l’impegno civico non sia diminuito, l’Italia si confronta con un preoccupante aumento dell’astensionismo, che riflette una diffusa sfiducia nelle istituzioni e il dubbio sulla capacità dei cittadini di influenzare le politiche. Questa apatia deve essere contrastata promuovendo un dibattito inclusivo, a differenza dell’atteggiamento del governo e di alcuni leader istituzionali che hanno scoraggiato la partecipazione.

Limitare l’impegno civico è un atto anti-democratico e segnala un restringimento dello spazio civico, come evidenziato da rapporti internazionali, incluso il CIVICUS Monitor. Negli ultimi anni si sono registrati arretramenti nei diritti civili, come la libertà di espressione e di manifestazione pacifica. In questo contesto, indire e partecipare a referendum non riguarda solo le singole questioni, ma significa riaffermare il diritto dei cittadini a essere protagonisti della vita democratica del paese e a contrastare l’erosione dei diritti fondamentali. E questa è la direzione verso cui si deve lavorare.

L’Italia è attualmente inserita nella CIVICUS Monitor Watch List, che tiene traccia dei paesi che stanno attualmente registrando un grave declino nel rispetto dello spazio civico.